|
|
|
|
 |
|
Emigrati Friulani e Giuliani |
|
|
|
|
|
|
|
Emigrati Friulani e Giuliani |
|
|
|
L'emigrazione friulana ha radici antiche che risalgono almeno al XVI secolo. Le prime notizie in nostro possesso riguardano le valli montuose della Carnia da cui si partiva per migrazioni stagionali verso la Germania, l'Austria, l'Ungheria o più semplicemente verso la pianura friulano-veneta. A questa emigrazione spontanea si deve sommare quella pianificata e gestita direttamente dalle varie magistrature competenti della Repubblica di Venezia. A partire dal secolo XV, ma specialmente nei secoli XVI-XVII, la Serenissima cercò in tutti i modi di ripopolare quella parte dei territori che erano stati messi a dura prova da guerre, carestie e pestilenze. Molti contadini friulani, artigiani e boscaioli carnici furono trasferiti ad esempio in Istria e in Dalmazia.
Un importante fenomeno di migrazione interna e di immigrazione cominciò dopo il 1719 a Trieste in seguito alla concessione del porto franco. A parte quelli di origine straniera, molti cognomi triestini sono originari del Friuli propriamente detto, della Bisiacaria (territorio compreso tra Monfalcone, il Carso e il fiume Isonzo), dell'Istria.
L'emigrazione su larga scala comincia più o meno verso la metà dell'Ottocento, come nel resto d'Italia. A partire dal 1866 alcuni dati ci permettono un'analisi quantitativa del fenomeno. Nel 1870 i passaporti rilasciati dalla provincia di Udine sono circa 16.000, mentre nel 1876 salgono a quasi 18.000. Dal 1880 si assiste ad un'improvvisa esplosione delle partenze: 20.000 nel 1881, 39.000 nel 1890 e 56.000 nel 1899. L'emigrazione dal Friuli si mantiene costante fino allo scoppio della Prima Guerra mondiale, rappresentando il 10% sul totale nazionale. Meta prediletta dai Friulani a partire dal 1890 è la Svizzera e comunque si preferiscono i paesi europei. L'emigrazione verso le Americhe (nell'ordine Argentina, Brasile, Stati Uniti, Canada) passa dal 7% del totale nel'800 al 20% nel primo decennio del XX secolo.
Dopo il primo conflitto mondiale e durante il Ventennio si assiste a una forte riduzione del flusso migratorio (circa 3000 unità l'anno negli anni Trenta), ma con un aumento del fenomeno nella Venezia Giulia che nella prima fase era stato molto meno massiccio rispetto al Friuli. Negli stessi anni centinaia di famiglie friulane furono trapiantate in Lazio a seguito dei grandi programmi di bonifica dell'Agro Pontino.
Nel secondo dopoguerra ha inizio una seconda fase emigratoria di notevole entità. Dal 1946 al 1970 sono 364.000 le persone che lasciano il Friuli-Venezia Giulia. Di queste, 211.500 faranno ritorno in patria portando il saldo negativo medio a circa 6.100 unità l'anno. Ancora una volta è la Svizzera la meta preferita (47% del totale), seguita da Francia, Germania, Lussemburgo e Belgio. L'Australia, novità di questi anni, diventa una tra le destinazioni preferite specialmente dai giuliani (circa 22.000 tra il 1954 e il 1961). Tra i paesi americani è il Canada quello a registrare il maggior numero di immigrati provenienti dal Friuli - Venezia Giulia, seguito dagli Stati Uniti, Venezuela, Argentina e Brasile. |
|
|
|